l'Arte! L'Arte! Ecco l'Amante fedele, sempre giovine,
immortale; ecco la fonte della gioia pura, vietata alle moltitudini,
concessa agli eletti; ecco il prezioso Alimento che fa l'uomo simile
a un dio”. Così descriveva l'Arte il Vate,
Gabriele D'Annunzio, nel suo capolavoro di tendenza decadentista ed
estetista: “Il Piacere”. La notizia (ed il video)
che stanno girando in questi giorni sui maggiori Social Network
hanno dell'inaudito: nella città- Venezia- che ha
impregnato la sua storia di arte, cultura e creatività è
stato arrestato dalla polizia municipale, un artista iraniano con
l'accusa di essere sprovvisto dell'autorizzazione a sostare sul ponte
del Megio. Aras Kefayati, il pittore asiatico, era solito
sistemarsi nella zona del ponte del Megio per omaggiare con
le sue creazioni le migliaia di turisti che transitano ogni anno nella
città lagunare. Ma cos'è l'arte se non, per l'appunto,
un linguaggio ed una delle più antiche forme di comunicazione?
L'accusa che mi ha fatto cadere dalla sedia è aver definito -
ma oserei dire sputtanato- Kefayati, di essere un artista abusivo. In
un curato forum di Arte (www.artext.it), si è cercato
di definire quella abusiva:”Un'arte che nasce direttamente
dalle intenzionalità dell'artista e che si esercita in quei
luoghi della quotidianità che generalmente non collimano con
i luoghi deputati dell'Arte contemporanea odierna. È un'arte
mercificabile ma per costituzione invendibile”. Quindi,
non solo il parcheggiatore, l'alloggiatore o il commerciante abusivo;
ora di fuorilegge è da iscrivere anche l'artista, il
comunicatore, colui in grado di trasmettere emozioni, segni e che con
il suo lavoro riesca a scuotere le cocienze. Ma l'arte, intesa come
l'espressione estetica dell'interiorità umana, e gli artisti
sono legittimamente “abusivi”, anticonformisti,
irregolari, sregolati. È nel secolo scorso, con l'avvento dei
regimi totalitari, dove vigeva la sindrome di
“regolarizzare” e dominare l'arte ed i suoi adepti: furono
i nazisti che epurarono i musei tedeschi di tutte le opere moderne
definite arte degenerata (dal cubismo, al dadaismo,
all'astrattismo); o al Congresso degli scrittori sovietici del 1934,
che si stabiliva che l'opera d'arte dovesse avere forma realista e
contenuto socialista in accordo con la dottrina marxista/leninista. Un
comune che invia sette (sette!) agenti municipali per fermare un
gradito e stimato artista di strada, sarebbe certamente rimandato agli
esami di Settembre in Storia dell'Arte. L'opera d'arte deve
meravigliare, scandalizzare, incantare, affascinare, irritare,
spodestare, ammagliare. Non chiedete, cari sindaci, ad un artista di
frequentare un razionale corso di patente di guida: sarebbe come
chiedere ad un grigio impiegato bancario di recitare un musical a
Broadway. Gli artisti parlano ai sentimenti delle persone, non
forniscono consulenze ai clienti come gli operatori di
Equitalia. L'artista è un “antropologo
dell'anima”, capace di esprimere valori universali
anche se non attraverso codici convenzionali. Certo, in una
società edonista e relativista, dominata dalla paura, spogliata
di valori, dove sono le casate finanziarie bancarie a dettare le norme
sociali e culturali, infastidisce chi tenta ancora a sussurrare
all'orecchio del cuore un sentimento, un verso, uno stato
d'eccitazione. È proprio quando si tocca il fondo, come in
questi drammatici periodi, che urge il bisogno di arte e di artisti,
insostituibili muratori della nostra umanità. Abbiamo bisogno
di Aras e di tutti gli esteti perchè abbiamo necessità
di chi ci accompagni al sogno della vita: un' esistenza raffigurata
nei colori della tavolozza dell' anima, che viaggia tra le più
alte note della musicalità e si scorge nei più
struggenti versi dei poeti. Settorializzare l'arte in
“pubblica” o “abusiva” equivale a spegnere il
sole, togliere il profumo ad un giardino fiorito, consegnare un bacio
insipido alla propria amata. La mia profonda solidarietà a
tutti gli eroici artisti! ”Il verso è tutto e
può tutto” (G. D'Annunzio)
Paolo Cecco
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